In che modo i "diritti umani", proclamati dopo la seconda guerra mondiale con il sostegno della Chiesa cattolica come una riaffermazione dei "diritti naturali", diventano oggi uno strumento per diffondere la "cultura della morte"? L'autore analizza il fenomeno dell'emergere di questi nuovi "diritti anti-naturali" e mostra come l'antropologia alla base dei diritti umani conduca all'individualismo e al nichilismo. Accompagnando la rivoluzione individualista occidentale, la funzione dei diritti umani non si limita più alla difesa della persona contro lo Stato. Sostiene, inoltre, di migliorare la condizione umana liberandola da ciò che ne costituisce la propria natura. Ma l'individuo, così "liberato", si trova solo, insoddisfatto e prigioniero dell'assurdità della sua esistenza. È urgente liberare gli individui da se stessi, restituendo alla loro esistenza le proprie piene dimensioni spirituali e sociali atrofizzate dalla modernità. Solo la Chiesa ne ha ancora i mezzi, non aderendo al mondo dentro l'oscurità della postmodernità, ma ricordando alla società la vocazione spirituale dell'essere umano.