In piazza Corvetto, mentre s'avviava all'ufficio su oltre il viale dell'Acquasola, gli occhi di Federico Angeleri si soffermarono distrattamente dapprima, più attenti poi e subito pietosamente interessati sopra una figurina femminile tutta nera che precedendolo di pochi passi si trascinava nella stessa direzione del giovane. Appunto il muovere lentissimo e strano della donna che pareva non trovasse più la forza di sollevare il piede né quella di raccogliere nella piccola destra abbandonata lungo la persona la povera sottana a sbrendoli troppo lunga per lei e inzaccherata di tutto il fango raccolto per le strade ancora molli della pioggia della notte, aveva attirato gli sguardi del giovane.
- Che miseria! - egli pensò.
E subito dopo una riflessione seguì nel suo cervello all'osservazione:
- Ma perché non solleva quello straccio che spazza la strada?
Comprese subito perché .
Una larga pozza d'acqua non ancora asciugata dal bel sole di maggio levatosi radioso in un cielo di cobalto sgombro di nubi, aveva costretto la donna a raccogliersi la gonnella intorno alle ginocchia per superare l'ostacolo lieve e nell'atto i suoi piedi s'erano scoperti calzati da certe miserabili ciabatte sformate, scalcagnate, bucate che di scarpe non meritavano più il nome e che erano l'espressione eloquente e insuperabile del limite estremo della miseria.