La fotografia che mi sta dinanzi sembrerebbe fatta di recente, tanto bene si è conservata sotto vetro, nella larga cornice nera. Ma è proprio la sua verniciatura fuori moda che la fa retrocedere nel tempo, assegnandole l'età che non dimostra. Rappresenta due bimbi: fratello e sorella che si tengono per mano, appoggiando i gomiti sopra una ringhiera.
Luminosi occhi di cerbiatta ha la bimba, il naso breve, la bocca a labbra sottili, salienti come due ali, un fiume di capelli che allaga tutto lo sfondo, e le si rovescia sulla spalla un po' alta. Il vestitino è grigio, chiuso al collo e ai polsi. Tiene una mano afferrata alla ringhiera, l'altra sottomessa, vibrante come gli occhi, nella mano del fratello che vi preme su il pollice: vestito di nero, con cravatta incrociata sotto il mento gracile. Due pozzette gli stirano in giù la bocca, e tutta la luce gli si adagia sulla fronte.
Si chiamano Tita e Tito.